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lunedì 19 marzo 2018

ANNIENTAMENTO - LA FANTASCIENZA SU NETFLIX


Dopo il deludente Mute di Duncan Jones, la svolta cinematografica di Netflix prosegue con Annientamento, secondo film da regista per Alex Garland, già autore dell’acclamato Ex machina. Annientamento è un’opera curata, complessa e ben scritta che richiede allo spettatore un passo in avanti per poter essere colta nella sua essenza.


Natalie Portman è Lena, biologa congedata dall’esercito statunitense provata dalla lunga assenza del compagno Kane. La situazione iniziale di sofferenza sembra risolversi quando, ad un anno dalla scomparsa, Kane riappare improvvisamente a Lena, senza dare spiegazione alcuna sul periodo di assenza, ma l’uomo accusa subito un malore inspiegabile che conduce la moglie alle soglie dell’area X.


Delle premesse abbastanza usuali vengono rimescolate nel prisma dinamico di una trama fitta di riferimenti puntuali a temi vergini per la fantascienza contemporanea: dal superamento della colpa alla crisi di coppia, passando per lo studio sulle cellule tumorali. Elementi che si aggiungono in modo convincente ai temi classici e alle modalità consuete del genere per dare vita ad un’opera originale e per certi versi innovativa. In realtà, da questo punto di vista, il film potrebbe trarre in inganno e dare un’immagine di sé dispersiva, quando invece l’attitudine per accogliere la molteplicità della pellicola è quella di scindere i mezzi dai fini, i temi introdotti a sostegno della tesi centrale e la tesi centrale stessa. Anche in questo caso si tratta di un’interpretazione complessiva assolutamente personale, ma in un’ottica finalizzata crea meno difficoltà la natura occasionale di alcuni momenti, evidentemente mezzi tematici. In chiave metaforica, la questione del tempo nell’area X è certamente un accessorio del film, come lo è anche il discorso sulle cellule tumorali. Credo che il regista volesse focalizzarsi maggiormente sull’acquisizione di un’identità nella nostra contemporaneità e sulle conseguenze che essa comporta all’interno della coppia. Il tema della colpa per il tradimento di Lena, i flashback talvolta sconnessi che ci vengono mostrati come rimandi al pensiero della protagonista nella sua escursione verso il faro sono tasselli di un puzzle più grande che ha il suo compimento nel finale. Il momento in cui nessuno dei due protagonisti rispecchia più la figura che era all’inizio del percorso, ma l’identità deve farsi da parte di fronte ad un riconoscimento anche minimo di una familiarità. Un sentimento molto istintivo, animalesco, in linea con lo sviluppo biologico dei personaggi nell'area X. Un finale che potrebbe rappresentare una conclusione lieta per la vicenda mostrata, ma che lascia un senso d’incompiutezza assoluta rispetto al lavoro sottotraccia che l’opera porta con sé. In ogni caso, come nel corso del 2017 avevamo visto fare a Madre! di Darren Aronofski, anche Annientamento non sceglie autonomamente una chiave di lettura, ma lascia la libertà allo spettatore di cogliere gli elementi che sente più affini per produrre un’interpretazione personale. E questa tendenza si richiama ad un’ermeneutica che negli ultimi anni ha perso troppo del suo fascino ed è un dovere supportare un cinema così presuntuoso.


Annientamento inoltre non si riduce solamente ad un’interessante e aperta idea di fondo che regge da sola una struttura, ma essa è anche presupposto per la libera creazione di Alex Garland che, dopo aver dimostrato doti eccellenti nella sua opera prima, dà sfogo alla sua fantasia e costruisce un’ambientazione dal forte impatto visivo. L’idea di fondo del DNA rifrangente all’interno dell’area X dà all’autore la possibilità di creare mischiando idee differenti, nel contesto di un disturbante effetto luminoso. L’ambientazione si compone di grandi praterie a cui si contrappongono edifici abbandonati e disadorni. Sia alla luce del sole che nelle scene in notturna, i luoghi del film non smettono di trasmettere una sensazione d’ignoto che richiama contemporaneamente la paura e lo stupore. Vorremmo che ci venisse mostrato altro di quell’unicum biologico, ma al tempo stesso soffriamo la vista e il pensiero delle creature che potrebbero assalire le protagoniste da un momento all’altro. La tensione visiva, coadiuvata da quella uditiva, non cala mai e contribuisce al sostentamento di un ritmo preciso e deciso.


Il cast di protagoniste è forse uno degli elementi meno riusciti della pellicola, che non riesce davvero a connotare nella gusta maniera i membri della squadra esplorativa e non restano impresse come le creature, le ambientazioni o i momenti cardine dell’opera. La loro presenza più che altro scorre senza particolari sussulti, funzionale alla generazione di un sottile senso dell’orrore e allo sviluppo di un concetto.


Annientamento è cinema coraggioso e alto che, nel complesso della proposta cinematografica di Netflix, riscatta parzialmente i due mezzi flop precedenti. Al tempo stesso però è un dispiacere non aver avuto l’occasione di vedere sul grande schermo l’opera ultima di Garland, e qui, soprattutto per questo genere, la linea della casa di produzione mostra il fianco. La Paramount ha distribuito il film nelle sale in alcuni stati del nord America prima del rilascio sulla piattaforma e le presenze nei cinema sono state nient’affatto trascurabili. Dare la possibilità al pubblico di scegliere la modalità di fruizione, anche ad un paio di settimane dal rilascio “gratuito” in streaming, potrebbe essere la soluzione, il giusto compromesso.

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