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lunedì 2 ottobre 2017

CAPAREZZA - UN PASSO OLTRE

Spingersi oltre i limiti di una forma d’arte è l’obiettivo di chiunque intenda imporsi come punto cruciale dell’evoluzione di un genere, sia esso musicale o letterario. Caparezza torna come il messia per indicare la strada ai neofiti perduti nel lasso temporale tra Museica e Prisoner 709.


Dopo aver sviluppato un’idea di musica attraverso la forma del concept album, Caparezza, al secolo Michele Salvemini fu Mikimix, tenta una strada alternativa, ancora vergine ma indubbiamente ricca di potenziale. Il nuovo lavoro rappresenta il tentativo di importare la ricerca introspettiva nell’ambito rap. Le rime dunque tornano indietro dalla strada lercia e malfamata per rientrare nel soggetto e sviscerarne le problematiche fondanti. È Caparezza il soggetto del suo stesso lavoro, rinunciando stavolta alla possibilità dell’alterego, già utilizzata ne Le dimensioni del mio caos. Questo espediente realistico connota il messaggio di fondo dell’opera in maniera molto personale, facendo incontrare l’ascoltatore con una parte problematica dell’artista.


Caparezza non nasconde il suo stato d’essere, esplicitato a partire dal titolo dell’album e confermato dal primo singolo estratto: egli sente di essere prigioniero di se stesso, scisso costantemente tra due dimensioni, una pratica e una teoretica (7o9). Sono costanti i riferimenti al mondo della psicanalisi, citata esplicitamente in Forever Jung. La profondità di questo sottotesto, nella novità di un autore che si apre in questo modo al suo pubblico, rendendo pubblico il lavoro di psicanalisi che l’ha portato alla scrittura come elemento di cura, esalta ulteriormente il senso di un’opera speciale, unica. In questo senso Caparezza sposta ulteriormente l’asticella per i suoi successivi lavori e soprattutto per le produzioni altrui.


Oltre il contenuto di senso resta un confezionamento stellare a dare lustro all’opera: dalla qualità del comparto musicale - rara in un genere in cui la musica è funzionale, non primaria - alla cura maniacale della scrittura. Un intero album basato sulla numerologia e sulla simbologia ha aperto all’autore la possibilità di esagerare nella costruzione delle rime più articolate, tirando in ballo eventi di cronaca, storia della musica e classici della letteratura, senza preoccuparsi di spingersi oltre il dissing comune e senza l’annosa consapevolezza di sapere di sapere. Questa atemporalità di Caparezza, lontano dal gusto comune che tende al basso e al trash, rende eccellente ogni sua rima e sottolinea ancora una volta - se ce ne fosse bisogno - che l’artista non scrive per piacere, ma piace perché scrive. Prisoner 709 è quanto di più lontano e anacronistico dal panorama rap/trap/hip-hop, eppure riesce a farsi apprezzare anche da chi ha perso l’abitudine ad ascoltare delle perle, perché la grandezza complessiva dell’opera investe lo spettatore senza che egli sia conscio della profondità in principio e lo guida alla scoperta dell’uomo alla ricerca di sé, colui che non si riconosce quando sente chiamare il suo nome.


In sé le problematicità esistenziali sollevate da Caparezza - eccezion fatta per la questione acufene - potrebbero toccare ciascuno di noi, indipendentemente dal nostro vissuto o eventuale percorso artistico, perche in fin dei conti le perplessità umane sul senso della vita tendono a ritornare ciclicamente. L’eccezionalità del poeta pugliese sta nella modalità e nella postura con cui lui avvicina il tema, personalizzando problemi della morale storica in modo inconfondibile.


L’ultimo gioiello di Caparezza è un’opera costruita su molteplici dimensioni e necessita di svariati ascolti perché sia possibile cominciare a coglierne la profondità, celata anche nella più semplice rima sfuggita. E quando un’opera richiede un tale sforzo per poter essere avvicinata potrebbe davvero nascondere un senso superiore sull’uomo e sulla realtà. Paure, incitamenti, critiche e riflessioni. Mancano le soluzioni all’enigma dell’essere, ma per quelle ci sarà tempo. In attesa del prossimo capolavoro annunciato.

Parlare semplicemente di Prisoner 709 e dell’unicita di questo creativo fuori tempo basta per sminuire tutto l’altro rumore, che a confronto sembra solo un fastidioso fischio nell’orecchio. Fischia l’orecchio, infuria l’acufene.

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