giovedì 27 aprile 2017

ASPETTANDO COVENANT: ALIEN - LA CLONAZIONE

Ce n’era bisogno? Non ce n’era bisogno. Dopo la conclusione pressoché perfetta delle avventure di Ripley nel film precedente, la produzione aveva in mano ben poche carte da giocare per riaccendere la fiamma della serie. E un Alien senza Sigurney Weaver era considerato una manovra fallimentare in partenza. Come ovviare allora all’annoso problema della morte del personaggio cardine di una serie di film? Semplice: spostiamo gli eventi nel tempo di duecento anni e rendiamo plausibile la clonazione di Ripley (da cui il titolo del film). Una scelta così lontana dalla origini però pesa sull’intero prodotto e non fa che avvicinare l’opera quarta del brand ad un gusto action che non rispecchia più la filosofia delle origini.


Dopo quattro lunghi film, la molla che produce l’azione è ancora la stessa di sempre: una corporazione terrestre ha in mente di mettere le mani sull’arma biologica rappresentata dagli xenomorfi e farà di tutto per riuscire a recuperare un essere della specie aliena. In realtà l’aggancio che “Alien - la clonazione” cerca di creare con il suo predecessore non è affatto pessimo, poiché riesce a mantenere un legame tra il ritorno forzato di Ripley e la nuova ondata di xenomorfi. Il problema è che la struttura abusata, a partire da “Aliens”, di un’opera a metà tra l’horror e l’action, che si risolve sempre con un atto di eroismo della protagonista, spegne ogni forma d’interesse e non riesce a trovare il guizzo giusto per ridare originalità ad un film che sa di già visto.

Alien - the clone wars

Eppure i presupposti per un nuovo grande capitolo c’erano tutti: Jean-Pierre Jeunet in cabina di regia, Joss Whedon alla sceneggiatura, un cast di livello e l’utilizzo di una CGI più adatta rispetto al film di Fincher. E infatti il film non manca di alcune sequenze ben realizzate, decisamente all’altezza dei film precedenti, come la fuga sulla scala o la scena nella stanza della regina. La regia più ricercata di Jeunet, pur non risaltando particolarmente nelle sequenza d’azione - talvolta appiattite - riesce a ricreare un ambiente realistico, ma che al contempo sembra voler sottolineare lo stacco temporale che intercorre tra il terzo e il quarto film della saga. Come il suo predecessore, “Alien - la clonazione” è un’opera di fantascienza, ma si tratta di una fantascienza differente, tendente ad un futuro ancor più remoto. Questa caratterizzazione dello spazio viene accentuata anche da una colonna sonora che prende le distanze dalle musiche che avevano accompagnato l’originale Ripley.

Quegli occhi umani

Jeunet non abbandona gli elementi ideologici e politici che la serie porta avanti da quasi trent’anni, come la questione degli androidi, che torna con una maggiore carica nel personaggio interpretato da Winona Ryder. L’evento centrale della clonazione di Ripley saprà inoltre aggiungere una componente riflessiva all’opera. Quanto c’era di umano nell’ultimo xenomorfo espulso violentemente attraverso il forno nel vetro? Cosa resta di umano dopo una serie di esperimenti genetici di questa portata?
La risoluzione degli eventi - senza la risoluzione dei dilemmi etici - lascia spazio ad un finale drammatico e carico di pathos, ma indubbiamente lontano dalla vetta della morte sacrificale di Ripley. Il clone e l’androide si interrogano sul senso delle storie del mondo, sullo sfondo di una Parigi devastata dall’uomo.


Le avventure di un’iconica Ripley terminano con questa malinconica chiusa, alla ricerca di un senso per la devastazione che abbiamo dovuto ammirare nel corso di quattro lungometraggi. Il vero problema di questo quarto capitolo della saga è quello di venire dopo tre episodi meritevoli di aver esplorato a dovere le possibilità offerte da un concept di fondo meraviglioso. Se l’opera di Jeunet fosse staccata dal brand di Alien e portasse un altro nome, probabilmente staremmo parlando di un cult di successo degli anni ’90, ma l’effetto more-of-the-same che pervade la maggior parte delle scene di questo film non può non spegnere l’interesse degli spettatori. In verità l’intera saga ha dimostrato di non voler ricercare l’originalità narrativa, quanto soddisfare il palato più facile di un pubblico di massa a partire dal secondo capitolo. E “Alien - la clonazione” non è altro che l’evoluzione naturale di una saga in fase calante, che si muove a braccetto con l’abbassamento del gusto collettivo.
 
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Anche per oggi abbiamo concluso l’analisi non richiesta di questo capitolo non richiesto. Dopo le avventure di Ripley, e prima di giungere a "Prometheus", l’attenzione di InsideMAD si sposterà sugli spin off, sugli spin off crossover, su “Alien vs Predator”. Ci vuole molto coraggio per andare fino in fondo.
A mercoledì prossimo, segnatevi l’appuntamento nell’agenda, mi raccomando.

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