mercoledì 19 aprile 2017

ASPETTANDO COVENANT: ALIEN 3

Dopo il 1986, anno di uscita del secondo capitolo diretto dal mostro sacro James Cameron, la Fox, che deteneva i diritti per un eventuale terzo capitolo, sondò varie volte il terreno e arrivò più volte ad assegnare l’incarico di scrivere una sceneggiatura, ma nessuno degli incaricati negli anni riuscì a produrre uno script soddisfacente, o quantomeno completo. Tardi e ritardi storici portarono la storia del brand al 1992, quando una bozza di sceneggiatura venne affidata ad un giovane David Fincher, fino a quel momento autore di videoclip musicali. Fincher - che solo successivamente sarebbe esploso come uno dei registi cult degli anni ’90 - riversò nella realizzazione del terzo capitolo della saga la sua voglia di stupire, anche attraverso una realizzazione ardita, che non disdegnava tecniche più vicine al mondo video ludico, in piena fase evolutiva. Il vero problema di questa produzione fu a monte, ossia riguardo la stesura di una sceneggiatura che, anche nella sua versione definitiva, appariva più simile ad un agglomerato di idee differenti che ad un corpo unico. Questo si tradusse nella coabitazione di più anime all’interno di un’unica pellicola visivamente, ancora una volta, impressionante, ma che da punto di vista del contenuto, ancora una volta, non riuscì a toccare le vette d’intensità del primo capitolo.


La storia riprende pochi giorni dopo la fine del secondo capitolo. Ripley, Hicks, Newt e l’androide moribondo Bishop si trovano sulla scialuppa di salvataggio dopo essere sfuggiti all’attacco dello xenomorfo regina. Un facehugger è però riuscito ad intrufolarsi all’interno dell’abitacolo, facendo così attivare il sistema di sicurezza che tenta un atterraggio di fortuna su un pianeta vicino. L’impatto col suolo ha conseguenze traumatiche e Ripley è l’unica superstite dei trio di umani. Il pianeta su cui la protagonista atterra stavolta è una colonia penale popolata da soli venticinque detenuti, accusati dei crimini più atroci. Insieme alla protagonista però anche il parassita alieno è sopravvissuto all’impatto e la sua presenza su Fury 161 minaccia di annientare l’intera colonia di detenuti. Questa volta il facehugger si servirà di un cane per riuscire a dare vita all’alien e questo influirà sulle caratteristiche morfologiche del mostro assassino, più agile e aggressivo rispetto ai due precedenti capitoli.
Arrivati al terzo atto di una saga sostanzialmente ancorata a dei topoi ben definiti, gli elementi fondanti della trama cominciano a ripetersi di pellicola in pellicola e questo tende a minimizzare la portata assoluta di una sceneggiatura come quella di “Alien3”. Siamo nuovamente di fronte ad uno scontro che coinvolge un solo alieno, come nel primo capitolo, ma la preparazione degli umani per affrontarlo sfocia gradualmente verso l’azione frenetica dell’action puro in stile Cameron. L’opera di Fincher si pone quindi a metà tra l’horror d’ambiente di Scott e ciò che gli sceneggiatori avevano prodotto dal calderone di idee lasciato dal primo capitolo. Il primo atto di questo terzo episodio è decisamente tendente alla creazione di una tensione di fondo legata all’incombente minaccia aliena e, seppur l’isolamento di Ripley sia una parte fondante di questo sentimento d’angoscia crescente, è difficile accettare la morte fuori campo dei protagonisti di “Aliens”. Hicks e Newt erano stati tasselli fondamentali dello sviluppo della caccia allo xenomorfo e i nuovi sceneggiatori non hanno minimamente esitato a tagliarli in toto dal nuovo film. Lo stesso Cameron ebbe da ridire, poiché una scelta in questo senso di stacco tra i due capitoli tende a far rileggere il finale del secondo film solo in relazione a sé stesso. L’opera di Cameron infatti perde di significato al si là della figura di Ripley e questa mancanza relativamente grave evidenzia lo sviluppo travagliato di “Alien3”.

Un bacino sulla guancia, dai

Dopo una fase di stallo, l’azione esplode nel momento in cui avviene il primo contatto tra Ripley e il nuovo alien, nell’iconica scena in cui la lingua dentata dello xenomorfo sfiora la guancia tremante della protagonista. Da quel momento in poi, Fincher sembra voler riproporre una caccia all’intruso simile a quella del primo capitolo, quindi situata all’interno di cunicoli claustrofobici, senza però rinunciare alla velocità guadagnata nella realizzazione delle scene d’azione di Cameron. Da ottimo mestierante quale è, Fincher riesce a ricavare il meglio da una sceneggiatura non eccezionale e si dimostra in grado di realizzare il suo Alien in una cornice di sabbia e sangue, colorata di un arancione tendente al deserto dell’ultimo superstite. Il film del ’92 è inoltre memorabile per la conclusione della vicenda di Sigourney Weaver che, braccata dalle organizzazioni terrestri che bramano il potere dello xenomorfo, decide di gettarsi nella fornace per porre fin definitivamente alla vita dell’alieno che cresceva in lei. Una sequenza epica che si carica dell’emozioni provate dallo spettatore nel corso dell’intera trilogia.

L'epica fine che tutti sognavamo, l'epica fine che la fine non è

Se c’è una mancanza evidente in “Alien3” è quella di non aver saputo scavare oltre le apparenze del capitolo precedente. Ci sono le organizzazioni a scopo di lucro, ci sono i rinnegati dalla società, c’è uno scontro epico contro la vita aliena, ma non c’è alcuna possibilità per lo spettatore di speculare su una storia non detta, perché la svolta completa al puro intrattenimento ha tagliato le gambe ad ogni forma di fantasia.


Se anche questo terzo capitolo non ha saputo attingere a dovere dalle fondamenta della serie, riuscirà “Alien: Covenant” ad invertire la tendenza e a tornare ai fasti di un tempo. Appuntamento al prossimo mercoledì con la recensione del non richiesto Alien 4 o “Alien: la clonazione”. Un nome, un programma.

Ti possono interessare anche:
- Aspettando Covenant: Alien

Nessun commento: