mercoledì 4 maggio 2016

UN PORCO ROSSO E ANTIFASCISTA

Il primo film spiccatamente politico diretto dal maestro Miyazaki. Il contesto storico in cui si stagliano i meravigliosi duelli aerei di “Porco Rosso” è quanto mai tangibile e tridimensionale. Non si tratta della natura steampunk di Laputa, né dell’interland nipponico di Totoro, ma di un vero e proprio affresco, definito attraverso minuziose pennellate, della situazione italiana nel periodo intercorso tra i due conflitti. Per la prima volta Miyazaki contestualizza le avventure dei suoi magici protagonisti in un panorama ben delineato che ravviva l’intento pratico dell’opera e conferisce una validità maggiore ai messaggi lanciati dall’autore attraverso le sue usuali metafore.
Prima di passare all’interrogazione sul personaggio principale della pellicola, è bene chiarire i connotati dell’antifascismo di matrice Ghibli. Il totalitarismo, nella versione di "Porco Rosso", ha oppresso la società, ha minato la creatività e spazzato via ogni forma di libertà. Quelli che prima erano gli amici di scorribande di Marco ora si fanno chiamare camerati e vestono tutti alla stessa maniera. Un ordine che asfissia il pensiero. La popolazione è affamata ed è costretta a mostrarsi sorniona al regime nelle feste del partito, ad essere entusiasta per un passo indietro nell’evoluzione sociale dell’uomo. In tutto questo si insinua l’anarchico disordine di un maiale dall’idrovolante rosso che sembra invece non voler cedere ad abbassare lo sguardo, ma continua a guardare il cielo che lo ospita e perpetra la sua giustizia, che un tempo era la nostra giustizia. La giustizia di uomini liberi che lasciano spazio di libertà.
Si viene così a creare una profonda dialettica tra ordine e disordine, nella quale entrambe le parti sembrano avere interessanti argomenti di conversazione. Ma il confronto regge rimanendo in una cattiva interpretazione della figura del rosso: comprendendo al meglio le ragioni di Marco è possibile evincere la superiorità del modello libertario e antifascista, che ingloba in sé in realtà anche quei pochi punti a favore del regime. La chiave di tutta la faccenda è l’ala dell’idrovolante di Marco, la quale presenta dei tricolori evidenti; dettagli mantenuti anche dopo il restauro del mezzo. Il disordine del protagonista non è forse tanto esterno, quanto interno. Egli crede ancora nei valori che lo hanno portato a volare nel cielo dell’Adriatico, crede nella patria, nel suo passato e nel suo futuro, ma crede anche nella libertà e nell’armonia della diversità di pensiero della democrazia. L’antifascismo non è sinonimo di antipatriottismo. “Piuttosto che diventare un fascista, meglio essere un maiale”.


Chiarita la critica di Miyazaki al fascismo, e conseguentemente ad ogni forma di totalitarismo, concentriamoci ora sulla figura centrale del film, quel maiale antropomorfo di nome Marco Pagot. Durante la Prima Guerra Mondiale, egli è stato trasformato in un maiale in seguito ad un episodio che ci viene svelato solo in un secondo momento. La scelta dell’animale è interessante poiché esso rappresenta una condensazione delle peggiori attitudini umane in diverse culture orientali e perciò potrebbe indicare una sorta di punizione celeste per i peccati che il sopravvalutato protagonista ha commesso nella sua esperienza di guerra. Dalla spiegazione della sua trasformazione possiamo poi comprendere il destino che lo attende e il percorso che la Natura vuole che lui intraprenda: a differenza dell’uomo, il maiale non ha nel proprio sangue il vento del cielo, non si libra in aria su coloratissimi idrovolanti, ma è costretto a terra, a guardare in basso. Allo stesso modo, dopo aver scrutato dentro sé il cimitero celeste degli idrovolanti in una scena poetica e toccante, Marco viene trasformato e finisce nuovamente a contatto con il mare, con il mondo terrestre. Questa sua condizione si pone come l’inizio di un processo di espiazione della colpa di aver abbandonato i suoi commilitoni al loro destino, nonostante lo stretto legame di amicizia che lo legava a loro. Questo percorso si gioca su due livelli, tra mare e cielo. Marco riprende a volare, ma il volo non è più lo stesso di prima, non esiste più la stessa leggerezza, ma sussiste una pesantezza di colpa che lo trascina sempre al livello del mare e che gli impedisce di scorgere nuovamente quello che sarebbe dovuto essere il suo posto, sopra le nuvole, nel candore della quiete celeste. Il protagonista, dal canto suo, sembra essersi rassegnato a questo purgatorio irreversibile che lo opprime e gli presenta il conto ad ogni specchio. L’unica salvezza possibile è il contatto con un’innocenza che trasferisca in lui un briciolo di speranza nel futuro di un essere abbandonato dalla grazia naturale e stimato per quello che non è. Quest’innocenza si presenta sotto forma della giovane e sognatrice Fio, diciassettenne ingegnere aeronautico, che riuscirà a scaldare il cuore di Marco e a mostrargli il suo vero valore, oltre l’aspetto e oltre il passato, con uno sguardo al futuro.


Differentemente dai lavori presentati finora, in “Porco Rosso” Miyazaki sembra avere un atteggiamento differente rispetto alla guerra, la quale diventa parte integrante dell’agire dei protagonisti, solitamente contrassegnati da un fervido sentimento antimilitarista. In qualche modo, questa scelta rappresenta una svolta nella poetica dell’autore, che però non snatura il messaggio di fondo che i suoi personaggi cercano di trasmettere. Più volte infatti viene ripetuto che “Il maiale non uccide”, come l’uomo pipistrello, e proprio questa scelta morale di Marco gli costa la possibilità di trionfare nel duello aereo finale contro l’Americano di Hollywood. Lo stesso protagonista afferma che: “Non siamo mica in guerra qui”. La guerra è infatti lontana dall’attività pacifica dei cacciatori di taglie e la violenza dell’uso delle armi pare essere solo un movimento arcuato nella poetica danza degli idrovolanti nel cielo azzurro dell’Adriatico. Una piccola deviazione che non stona con il panorama immenso e con le intenzioni solidali del protagonista. Il pericolo si fa in realtà tangibile solo nelle circostanze in cui si presentano gli uomini del regime per reprimere l’anarchico rosso e la sua giovane aiutante, e ciò la dice lunga sull’uso che le varie fazioni fanno della violenza e quali conseguenze essa comporti.



Accanto alla figura di Marco Pagot, risalta il personaggio di Fio, che non diventa fondamentale solo per la trama, in chiave finale, ma continua la tradizione di Miyazaki relativa alle figure femminili, prosegue idealmente l’emancipazione lasciata in sospesa sul finale di “Kiki, Consegne a Domicilio”. La piccola streghetta aveva riacquistato i poteri in seguito alla presa di coscienza del suo posto nel mondo e delle sue capacità, ma il completamento di questo percorso di maturazione era rimasto implicito, nelle intenzioni. Fio invece, forte anche della sua età rispetto alla piccola Kiki, si staglia fin da subito come una donna in formazione, convinta dei propri mezzi e intenzionata maggiormente a modificare l’ambiente in cui opera piuttosto che se stessa. Questa sua consapevolezza sarà la chiave di volta della trasformazione finale del maiale.
Al termine di quest’epopea aerea, fatta di risate e stupori, amori e momenti toccanti, lo sciagurato pilota rosso sembra aver finalmente trovato la libertà di andare oltre le proprie responsabilità passate e di ricongiungersi con i suoi compagni di volo nel leggiadro fiume degli idrovolanti. È però attraverso le ultime parole della giovane Fio che lo spettatore può cercare di interpretare il messaggio finale dell’autore. Dopo la scomparsa del protagonista, Fio e Gina stringono una profonda amicizia che sopravvive ai conflitti e ai soprusi della seconda guerra mondiale. La vera amicizia, la cura disinteressata per qualcuno è l’unica dimensione umana in grado di andare oltre la vita e la morte, di sopravvivere le vite degli individui stessi che l'alimentano e di ricongiungere anime perse nell’oblio. Lo stesso sentimento d’affetto che ha permesso a Marco Pagot di tornare a formare la mitologica squadra di idrovolanti, dopo aver visto scomparire i suoi amici inermi un piano sopra il cielo. L’amor che move il Sole e le altre stelle.

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