domenica 14 febbraio 2016

L’AMORE DELL’ARAGOSTA

La società odierna è ingombrante e non si cura di invadere il privato con prepotente ed ostinato condizionamento. Ci ritroviamo spesso in situazioni in cui, con un minimo di riflessione più approfondita, ci accorgeremmo di quanto in realtà le nostre azioni siano preindirizzate sui binari certi della convenzione comune, della morale e del modello predominante. Un modello che arraffa spazio alla luce della scena, fagocitando anche ciò che consideravamo valori intrinseci dell’essere essere umano, la sfera privata e indubitabilmente nostra degli affetti. Una società che uniforma, appiattisce e uccide nell’indifferenza della noncuranza riconosciuta e nella standardizzazione forzata la componente personalistica di ognuno di noi, andando inevitabilmente a porre delle limitazioni a ciò che di più caro l’uomo ha: la libertà. Libertà che conferisce implicitamente identità.


Prendiamo per un momento questo inquietante e bigio quadro orwelliano in cui l’uomo si priva della libertà nell’ambito affettivo per far fronte alle esigenze di una società esclusiva ed escludente, accelerata e discriminatoria, e proviamo a portarlo all’eccesso. Proviamo poi a fondere quest’eccesso con un sistema simildittatoriale che strizza un occhio al Secolo Breve e un altro alla crisi del capitalismo di stampo statunitense e amalgamiamo il tutto con un pizzico di fantascienza velata e notevole abilità registica. Ecco come ottenere The Lobster, film angloellenico nato dalla fantasia distopica e leggiadramente provocatoria di  Yorgos Lanthimos. La pellicola, premiata anche all’ultima edizione del Festival di Cannes, è ambientata in un futuro vicino e degenerato, o in un presente alternativo rispetto al nostro, in cui il potere dell’opinione comune ha preso il sopravvento sulle istituzioni e le leggi hanno cominciato ad invadere i sentimenti e lo stile di vita dell’uomo nel privato. In questo contesto oppressivo, i cittadini sono costretti, secondo la costituzione in vigore, ad avere costantemente un partner; pena la fantasiosa e spregevole trasformazione in un animale scelto dalla vittima della metamorfosi cruenta. La vicenda prende piede quando il protagonista, Colin Farrell, viene lasciato dalla moglie e si ritrova a rientrare nel progetto di riaccoppiamento forzato voluto dal governo, ossia un periodo di permanenza in un’apposita struttura con l’obiettivo di trovare un nuovo partner ed evitare così la trasformazione nell’animale prescelto, per Farrell un’aragosta appunto. Il tempo concesso ai malcapitati uomini soli consiste in appena quarantacinque giorni. Quarantacinque notti per trovare quella che dovrebbe essere l’anima gemella, secondo la direzione della famosa struttura riabilitativa, ma che troppo spesso si trasforma nel rimpiazzo salvifico necessario alla sopravvivenza di due perfetti e infelici estranei; il tutto per la sola necessità di ostentare poi con sorriso farlocco una presunta unità d’intenti, una felicità mancata nell’oppressione della libertà mancante. Il protagonista si troverà quindi a fare i conti con diverse donne, ma nessuna sembra essere davvero quella giusta per un animo quieto che introspettivamente attende e trema, rispettando il prossimo e continuando a nutrire una flebile speranza nella felicità concepita nella possibilità della libertà negata. Ma il tempo scorre e la stanza cupa della trasformazione crostacea incombe sull’ombra del solitario cercatore d’oro raro.


L’intero film si presenta come una forte critica di costume, estremizzando all’eccesso e fondendo anime aspre differenti per riuscire a colpire più elementi, senza necessariamente dilungarsi in processi direttamente inutili. L’obiettivo primario di Lanthimos è la nostra società, fortemente convinta di perseverare nel giusto di ciò che non va al di là di un semplice modello interpretativo della realtà circostante. I legislatori falsulli del film siamo noi, è la nostra società che non si cura, o almeno non lo fa più, della sostanza che mantiene viva la fiamma della speranza dell’anima, ma solo della forma, perché questa si conformi e risponda ai nostri standard. Siamo noi che ci annulliamo a vicenda continuando a credere alle apparenze, livellandoci nel basso della morte dell’individuale felicità. E in questo concorso di colpe impersoniamo l’immenso spirito di una civiltà assolutista che esclude chi si differenzia, impersoniamo la legge e portiamo sulla carta della mente di ciascuno ciò che non sussiste per prove gnoseologiche. Una società che pubblicizza il privato e privatizza il pubblico.


La critica dell’autore non si ferma però solo a questo aspetto ossessivo e violento della ricerca di somiglianza nella cultura contemporanea, ma non manca di colpire anche la discriminazione sessuale, elemento degenerato, figlio della stessa mancanza di apertura nei confronti dei modelli di vita altrui. Emblematica la scena iniziale all’interno del luogo di cura in cui viene chiesto al protagonista di specificare il suo orientamento sessuale nella richiesta di ammissione al programma di risanamento della persona abbandonata. A quel punto Farrell è preso dai dubbi per un'esperienza omosessuale avuta ai tempi del college e chiede la possibilità di selezionare entrambi gli orientamenti (bisessualità), ma ciò gli viene negato. La società ha bisogno di saperti nel privato e necessita assolutamente che tu prenda una decisione netta, indipendentemente che questa sia consapevole, ragionata e volta al raggiungimento del benessere. La società vive della sommaria approssimazione dell’individuo, e quando questa forma mentis prende il sopravvento sulla ragion pura della libertà morale, si ha l’ingrandimento schiacciante della sfera pubblica che rompe gli argini e ingloba il privato in un unico grande annullamento collettivo, operato dagli stessi annullatori. Un futuro distorto nel terrore dell’aragosta che in molte situazioni si materializza nel reale.


Nel giorno degli innamorati, la domanda non è “Hai la ragazza?” o “Quante volte fai sesso?”, ma “Sei Felice?”.

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