giovedì 28 gennaio 2016

NBT: THE REVENANT

L’anno scorso abbiamo vagato con Michael Keaton nei labirintici corridoi del St. James Theatre di New York, quest’anno strisciamo con Leonardo DiCaprio tra le nevi del Sud Dakota del XIX secolo ma il risultato è lo stesso: un coinvolgimento emotivo totale.
Dopo il successo di “Birdman” il regista messicano Alejandro González Iñárritu ci fa vivere ancora una volta un’esperienza cinematografica straordinaria. “The Revenant” è riuscito a farmi immergere completamente fin dai primi minuti nell’atmosfera selvaggia e terribile della frontiera americana, è stato come se per magia fossi stato teletrasportato nel 1823. Nella ormai celebre scena dell’attacco del grizzly il coinvolgimento ha toccato l’apice ma durante tutto il film ero partecipe delle vicende come se le stessi vivendo in prima persona. Questo è stato possibile grazie alla sapiente regia di Iñárritu che usa la macchina da presa in modo magistrale consegnando al pubblico una prospettiva unica dell’azione e facendolo sentire sempre “dentro” la scena.


In “The Revenant” Iñárritu abbandona i virtuosismi estremi di “Birdman” anche se non rinuncia ad inserire qualche long take qua e là, questi però risultano essere più sobri rispetto ai lunghissimi piani sequenza visti nel suo penultimo film e passano quasi inosservati nella frenesia dell’azione. Tenendo la macchina da presa spesso vicinissima al viso dei personaggi Iñárritu ci fa percepire le sensazioni che questi provano in modo molto intenso e deciso. In una scena la cinepresa si avvicina al volto di DiCaprio così tanto che il respiro dell’attore finisce con l’appannare la lente. Un aspetto che mi ha incuriosito parecchio è stato proprio la scelta di far sporcare spesso la lente della macchina da presa con acqua, neve, sangue, fango  e via dicendo. Un’idea interessante che contribuisce ancora meglio all’immersione del pubblico nel film.
Il direttore della fotografia Emmanuel Lubezki (“Children of Men”, “Gravity”) ci consegna delle inquadrature da pelle d’oca. La fotografia meravigliosa di “The Revenant” è ancor più stupefacente considerando la scelta temeraria di usare solo luce naturale. Lubezki ha dichiarato in una recente intervista a Variety: “Volevamo fare un film che fosse coinvolgente e viscerale. L'idea di utilizzare la luce naturale ci è venuta perché volevamo che il pubblico percepisse il tutto come se stesse succedendo davvero” E direi che ci sono riusciti eccome!


Sarebbe poi un delitto non parlare dell’ interpretazione straordinaria di Leonardo DiCaprio in questo film. Una interpretazione estremamente fisica,  con pochissime parole. Una performance intensa e sofferta resa ancora più difficile dalla scelta del regista di usare un approccio da purista assoluto. La scelta di girare il film in location estreme con temperature che scendevano sotto i -25 gradi ha sicuramente condizionato sia DiCaprio che i gli altri attori che hanno dovuto fare i conti con sfide al limite delle loro capacità. Lo stesso  DiCaprio ha definito The Revenant come il film più difficile a cui abbia mai lavorato. Ma il risultato è veramente notevole: un film crudo, forte, che colpisce lo spettatore e non può lasciarlo indifferente.
La caratteristica principale che accomuna “Birdman” e “The Revenant” come ho detto è l’immersione totale del pubblico. Entrambi i film ipnotizzano lo spettatore e lo tengono incollato allo schermo per tutta la loro durata. Le imperfezioni di Birdman sono riuscito a notarle solo a freddo riguardando il film dopo qualche mese, penso che sarà così anche con “The Revenant” dato che anch’esso è un film che rende impossibile qualsiasi giudizio critico dopo la prima visione per via del livello di coinvolgimento che fa raggiungere allo spettatore.

Antonio Margheriti








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