lunedì 2 novembre 2015

COMMENTO THE KNICK 2 - EPISODI 2 E 3

Soderbergh continua il suo dipinto della grande mela marcia di inizio ‘900. L’obiettivo di ampliare il parco personaggi e di rendere la storia di più ampio respiro è evidente. Gli sceneggiatori hanno cercato di alzare l’asticella nonostante nella precedente stagione fosse posta già ad un livello encomiabile. L’aumento del numero di storie non ha però generato il risultato sperato e probabilmente è stato fatto un passo indietro rispetto ad una prima stagione che coglieva nel segno, grazie anche all’effetto sorpresa dato dalla novita. Questi due episodi si perdono troppo spesso in storie meno interessanti che allontanano l’attenzione dai personaggi principali che erano colonne portanti della serie fino a pochi mesi fa. Ci perdiamo a trovare un buon avvocato per la suora in carcere, a trovare i soldi per un buon avvocato per la suora in carcere, a convincere il marito dell’insopportabile Cornelia Robertson, a seguire la nuova storia d’amore del giovane e quasi ebreo Bertie (giovane anche perché ancora da svezzare), a conoscere il padre pastore dioscesointerra di Lucy, quando sappiamo benissimo che la suora sarà salvata solo da un gesto illegale del signor Cleary, la Robertson continuerà a fare quello che faceva prima di prendere un nuovo cognome ancor più altolocato e Bertie tornerà con l’infermiera del Knick, lo deve fare. Se non succede mi arrabbio. E il padre della povera ragazza che viene picchiata, umiliata e insultata solo per non essere più pura come un tempo? Ah no, di quello non ci interessa nulla.


Queste sottotrame tolgono spazio all’argomento principale, quel luogo che dà il nome alla serie: il Knickerbocker. In questo modo, anche le storie di Thack ed Edwards vengono diluite e perdono a poco a poco la loro capacità di coinvolgere il pubblico. Diciamoci la verità: noi fan accaniti guardiamo The Knick per le operazioni crude e macabre, per le ricerche del dottor Thackery, per le dosi del dottor Thackery, per gli amori del dottor Thackery, e anche per Edwards, che però assomiglia sempre più a Calimero. Non perché è nero, per la sfortuna.
La trama legata alla dipendenza del protagonista però è stata sviluppata in maniera troppo affrettata, non lasciando il tempo allo spettatore di assorbire i cambiamenti radicali del personaggio. Il primo episodio si era infatti chiuso con la presunta guarigione del chirurgo; il secondo invece mostra un Thack più maturo, consapevole, ma comunque dipendente da stupefacenti (in questa stagione l’oppio è stato sostituito dall’eroina, la via è quella giusta John). Come se tutto ciò che abbiamo vissuto tra la fine della prima stagione e l’inizio della seconda fosse un unico, grande ritorno nietzschiano. Cambia tutto per non cambiare nulla, e ci ritroviamo al punto di partenza con appena due variabili alterate: Bertie licenziato ed Edwards preferito a Gallinger. Troppo poco per toccare la vena creativa degli spettatori.


Capitolo Bertie: tornerà? Non tornerà? Ricercherà? Ecco, la ricerca. Secondo me sarà una delle chiavi principali per il suo ritorno al nuovo Knick: gli studi sull’adrenalina saranno intimamente collegati al lavoro svolta da Thack per curare se stesso e il mondo (ma prima se stesso, sempre prima se stesso). Una volta tornato poi spero che l’infermiera Lucy si convinca finalmente ad accettare le sue avance (so di ripetermi troppo spesso su quest’argomento, ma ci tengo particolarmente).
Per quanto riguarda Edwards invece credo che gli autori abbiano applicato un criterio conservativo che sarebbe calzato a pennello anche alla situazione Thackery: hanno sostanzialmente rimandato la soluzione del problema a data da destinarsi pur proseguendo con l’evoluzione del personaggio attraverso le confessioni all’amico chirurgo e il prepotente ritorno della Robertson. Spero che questa storia si chiuda presto, sia per la sensibilità del nostro medico nero preferito (nonché unico presente in tutta la serie), sia per il circolo di ripetitività viziosa che potrebbe venirsi a creare col passare degli episodi. Ma in questo frangente non mi aspetto di essere accontentato, anzi.


La situazione quindi, rispetto alla fine del primo episodio, è mutata di un nonnulla attraverso una narrazione frammentata e troppo lenta per essere frutto della mente degli stessi autori delle ultime frenetiche puntata della prima stagione. Purtroppo The Knick non sta migliorando esponenzialmente come mi aspettavo, ma comincia a ristagnare nella sua perfezione stilistica e registica. Credo però che questa sia solo una fase di assestamento su nuovi standard per la serie che si appresta definitivamente a fare il grande salto verso l’olimpo. Nessuna serie al mondo ha portato avanti una narrazione complessa come quella di The Knick senza accusare periodicamente dei cali. Io continuo ad essere estremamente fiducioso.


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