venerdì 23 ottobre 2015

COMMENTO THE KNICK 2 - EPISODIO 1

Il Knickerbocker è tornato e finalmente quel vuoto che il tragico finale della prima, meravigliosa stagione aveva lasciato in me e in tutti gli accaniti fan della serie va ricolmandosi con nuovi drammi (medici e non) di inizio ‘900. L’ultimo episodio della scorsa stagione era infatti stato un climax ascendente di drammaticità. Continuare a raschiare il fondo. Tutte le linee narrative si concludevano nel peggiore dei modi: da John Thackery ricoverato in una clinica per disintossicarsi dalla cocaina con l’eroina e la morfina a suor Harriett acciuffata dalla polizia per le sue “opere di bene”, da Edwards apparentemente esanime sul putrido asfaltofreddo di una New York poco idealizzata alla compagna di Everett, disturbata e sdentata. Un vero tour nel profondo del fallimento umano.


Gli sceneggiatori hanno deciso di omettere un time skip tra le due stagioni in modo da rendere il tutto più frizzante e accattivante, sorvolando dunque sul periodo più buio (e sulla carta meno interessante) che sarebbe succeduto al finale della scorsa stagione. Vediamo quindi l’infermiera Lucy ancora follemente innamorata del protagonista, Edwards vivo e nominato nuovo primario, ma costretto ad appoggiarsi al dottor Bertie durante le operazioni a causa del distacco della retina dovuto alla famosa rissa che aveva chiuso la sua linea narrativa qualche mese fa, Everett più razzista che mai e ancora alle prese con i disturbi della moglie, la suora chiusa in prigione e l’autista, suo socio in affari, indaffarato a non far emergere il suo nome nelle indagini. E poi c’è lui, John Thackery, ex primario e faro dell’intera prima stagione. L’elemento centrale di congiunzione tra tutti i personaggi che ora tenta di sopravvivere tra una dose di eroina e una di morfina nell’istituto in cui era stato recuperato qualche tempo addietro. Non ci è dato sapere quanti giorni, settimane o mesi siano passati da quel tragico giorno, ma la sua situazione sembra solo essere peggiorata, ma se da un lato lo spettatore può realmente provare pietà per un luminare della scienza ridotto a tossicodipendente sociopatico, dall’altro un ragionamento logico invita a pensare che, viste le premesse, il fatto che sia ancora vivo è più di una conquista enorme. Questo stato di Thack però lo esclude quasi totalmente dalla narrazione del primo episodio che si concentra sostanzialmente sul Knick. Il Knickerbocker è infatti sul punto di chiudere per trasferirsi in un quartiere altolocato e liberarsi finalmente di quegli sconvenienti poveri (mannaggia a loro!) che riempivano i letti dell’ospedale. Per fare ciò però c’è bisogno di un nuovo medico chirurgo. Il consiglio sceglie quindi di assumere un anziano signore dalle dubbie capacità, e quindi di relegare Edwards al ruolo di aiuto primario spogliandolo della sua carica ad iterim, una decisione naturale e comprensibile visto il livello medio del consiglio d’amministrazione del Knick. Il medico afroamericano si adira quindi per la mancata presa in considerazione della sua candidatura a primario, ma io credo che, una volta tornato John al comando, gli sceneggiatori riserveranno più di qualche soddisfazione alla pecora nera (in tutti i sensi) sella prima stagione.


Ci viene mostrata anche l’evoluzione, in realtà minima, del rapporto tra Lucy e Bertie. Lui ancora innamorato, lei ancora poco propensa a considerare le avance del chirurgo, ma non per questo lontana da lui. Un rapporto che spero si concluda nel migliore dei modi nel corso di questa stagione.
Edwards invece ritrova Cornelia, di ritorno da una spiacevole parentesi a San Francisco. Stavolta devo andare contro le scelte degli scrittori: riproporre nuovamente le stesse situazioni tra il povero medico e la giovane rampolla ora sposata mi sembra rigirare l’avambraccio nella piaga e riciclare quanto visto nella prima stagione. Non tutto il cast di uno show televisivo deve per forza essere presente anche l’anno successivo e in questo caso avrei preferito un allontanamento o almeno un notevole ridimensionamento del personaggio di Cornelia (maledetta, dovevi tenere il bambino!).
Tutto ciò accade dunque prima del grande salto e soprattutto in assenza del vero elemento d’interesse di tutta la serie: Clive Thack Owen. La chiave della svolta è però l’invidia del dottor Gallinger che, in un atto puramente egoistico, almeno a mio parere, rapisce l’ex primario e lo porta nell’Oceano Atlantico a bordo di un’insignificante barchetta per farlo rinsavire ed aiutarlo realmente nel percorso di disintossicazione dalle varie droghe di cui non può fare a meno. Considerando Gallinger quello della scorsa stagione, questo è solo il modo di rientrare al Knick senza dover sottostare agli ordini di un medico nero. Non vedo traccia di amicizia. Altrimenti il rapporto tra i due ex colleghi sarebbe proseguito anche durante le avversità, cosa che non è stata.


Thack quindi soffre dannatamente ma riesce a fare i dieci nodi e finalmente decide di tornare. Ma finalmente per chi? Non ho apprezzato particolarmente questa scelta di riabilitare la figura del protagonista dopo appena quaranta minuti dall’inizio della stagione. Sembra quasi che venga dimenticato tutto il male che John ha fatto a se stesso, a Lucy e al Knickerbocker appena pochi mesi prima per poter ricostruire una narrazione organica fondata sul suo carisma e sull’indiscussa abilità dell’attore. Una sorta di forzatura che evidenzia i limiti del realismo. La televisione si avvicinerà sempre più, fino a raggiungere un distacco infinitesimale, ma non riuscirà mai davvero a riprodurre tutta la realtà. La realtà è noiosa, dilatata, poco interessante e poco accattivante. Qui emerge il distacco tra finzione e realtà, purtroppo. Ma sono scelte.
A questo punto immagino che venga ricostituito il corpo chirurghi iniziale e che le novità di trama arrivino dal cambio di sede. Perché si cambia sede, vero? Chissà.


Dal punto di vista tecnico invece The Knick si conferma la perla ammirata qualche mese fa. Soderberg riesce a riprodurre fedelmente un Novecento che strizza l’occhio allo steampunk, al noir e al period drama classico. Un miscuglio di generi che, unito alla perfezione stilistica del regista e alle meravigliose musiche elettroniche di Cliff Martinez confeziona un prodotto perfetto e a mio parere troppo sottovalutato. Recuperate la prima stagione e lasciatevi avvolgere dal lato oscuro della New York perbene.

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