venerdì 19 giugno 2015

STORIE DI (IM)MATURITÀ - SECONDA PARTE

Dove eravamo rimasti? Stavamo ripassando per la terza prova mi pare. A volte mi stupisco di quanti dati sia riuscito ad infilare in questa testa mediamente proporzionata per quell’esame. Intanto la Costa Rica aveva battuto in rimonta l’Uruguay mentre io seguivo uno spettacolo amatoriale per rilassare la mente (ma neanche tanto, vista la complessità della trama dello spettacolo - qualcosa come Romeo e Giulietta tra presente e futuro).


Arrivò poi la vigilia della temuta terza prova. La prima cosa da non fare il giorno prima di un esame è cercare di buttare a forza nella mente nozioni a palate; si rischia di sotterrare le conoscenze pregresse e arrivare alla prova senza ricordare il proprio nome o addirittura dimenticandosi di avere un esame da sostenere, che è peggio. La seconda cosa da non fare è studiare in coppia. Sicuramente voi avrete delle lacune e anche il vostro compagno le avrà; ciò non farà altro che aumentare l’agitazione, specialmente quando realizzerete che tutte quelle lacune non si colmeranno in una notte. Terza cosa da non fare è messaggiare con i vostri compagni di classe. Anzi, spegnere il cellulare è cosa buona e giusta. È scientificamente provato che alle 00:14 qualcuno scriverà sul gruppo di Whatsapp qualcosa tipo: “Ma il trafiletto in basso a pagina 763 del terzo libro di filosofia l’abbiamo fatto?”. Quando scriverà ciò metà classe vorrà linciarlo e l’altra metà si appresterà a scrivere: “Ma secondo voi lo chiede?”. Ecco, il maturando in crisi. Dopo aver diffidato dei pareri altrui per cinque anni , confidando solo nel suo buonsenso, crederà a qualsiasi banalità gli verrà detta, purché questa sia in linea con la sua preparazione. Ma sarà troppo tardi per ripassare o per schierarsi pro o contro il maledetto compagno dell’ultimo secondo. La notte porta consiglio. Dormite bene.

Il giorno della terza prova l’ansia è forse maggiore perché non si ha la più pallida idea di ciò che potrebbe capitare. Potrebbero chiedere la scontata tettonica a placche o l’evitabilissima “Enciclopedia delle Scienze Filosofiche in Compendio” di Hegel. Tutto è appeso ad un filo, alla scelta del vostro rappresentante di classe tra la busta A, la B e la C, come in un quiz di Carlo Conti.
Il giorno della terza prova mi sedetti nuovamente in fondo, attorniato dai soliti fedelissimi. Dopo la consegna dei fogli avevo paura di girare pagina e scoprire la dura verità. Da cosa cominciare? Ricordai le parole dei professori “Cominciate dalle materie più difficili”. Cominciai dalle materie più facili: arte e filosofia. In mezzora avevo finito di riempire quelle asfissianti dieci righe. Passai ad inglese. Con calma la feci, con molta calma. Rimanevano fisica ed astronomia. La prima la inventai, la seconda la inventai con fantasia. Una di quelle fantastiche risposte in cui viene riproposta la domanda mescolata ad un lungo e vuoto giro di parole. Quanto mi mancano quelle risposte. Peccato che poi il giorno dell’orale mi avrebbero chiesto delucidazioni in merito alla mia fervida immaginazione. Considerando però il 13 della terza prova, forse a qualche invenzione hanno creduto.
Finito di riempire tutte le mie righe mi dedicai ad opere di carità mimando risposte improbabili e inducendo all’errore anche altri ignari studenti. È il karma: se infrangi volontariamente le regole per ottenere un paio di punti in più può capitare che il karma ti punisca con suggerimenti sbagliati.
Però i professori avranno pensato a quanto fossimo uniti come classe; inventare tutti la stessa fantasiosa risposta alla stessa domanda è dono raro. Azzarderei telepatia.
Una volta un ragazzo sosteneva che solo durante la seconda prova è concesso copiare. Quel ragazzo si sbagliava. Ricordo ancora un mio compagno di classe che mi chiedeva di suggerirgli una risposta infinita nei pochi secondi in cui i nostri sguardi si incrociavano mentre uno dei due andava in bagno. Doti circensi.


Finita la terza prova ebbi un momento di rilassatezza. Dai miei conti avrei potuto raggiungere il tanto agognato 60 prima di entrare all’orale e ciò mi avrebbe anche permesso di raccontare storie divertenti alla commissione anziché rispondere alle domande. Intanto mi avevano comunicato la data del mio orale; avevo la bellezza di nove giorni per dimenticare tutto il programma. Da un lato così tanti giorni sono un aspetto positivo; ci si rilassa e si ricaricano le batterie. Ma dall’altro si ha il tempo per fare i pensieri più strani, come quello di scappare in Messico su un pickup degli anni ’60 con la paglia e i maiali e lasciare la maturità agli altri. Non volevo essere “maturo”, quei giorni li avrei vissuti all’infinito. La stupenda tensione nell’attesa della fine.

Intanto, mentre Casa Azzurri (casa mia che quando gioca la nazionale si tinge d’azzurro) si riempiva e si svuotava di persone che non avrei più rivisto, avevo deciso che avrei seguito più orali possibili in attesa del mio. Il primo giorno alle 8:30 io c’ero. Il cielo era triste, forse non voleva che lasciassimo quelle mura accoglienti. Entrai a vedere il secondo del giorno. Ricordo i vassoi di dolci appoggiati sul davanzale della finestra. Tutto sommato questi professori non è che si trattano poi tanto male. Forse da grande voglio fare il professore. O il vassoio di dolci, devo ancora decidere.
Sarà che il ripasso full immersion dovevo ancora affrontarlo, ma nella mia testa pensai che non avrei saputo rispondere a metà delle domande rivolte all’interrogato. Ma non allarmatevi: ad ogni esame che vedrete prima del vostro non saprete rispondere a metà delle domande. È fisiologico. Il giorno del vostro colloquio sarete così saturi di informazioni e stremati dallo stress che le parole usciranno dalle vostre bocca senza nemmeno pensarci. Purtroppo davvero senza pensarci. Poi capirete cosa intendo.
Al primo seguirono altri esami orali e, mentre avevo fatto ormai amicizia con l’intera commissione (ah, le briscole con quello di astronomia e col presidente) e avevo invitato anche loro a Casa Azzurri, il mio orale era ormai alle porte. Cosa fare la sera prima della fine? Prima dell’ultima volta in cui avrei varcato quella soglia da immaturo? La tentazione di riririvedere il professor Faletti era forte, ma avevo bisogno di essere originale, unico. Di esprimere il mio Io per rilassarmi. Optai allora per Scrubs: niente è meglio di JD per divertirsi e riflettere allo stesso tempo. E conclusi la serata originalità con una carrellata di canzoni strappalacrime, tipo quella dell’addio di Bear e Luna nella grande casa blu. Lacrimoni.


Altro problema insormontabile che emergerà la notte prima dell’ultimo esame sarà “Come mi vesto domani?”. Come se l’abito facesse il monaco maturo. E invece l’abbigliamento conta, o meglio contribuisce a creare l’immagine con cui vi presenterete alla commissione, la quale dovrà essere sobria e trasmettere tranquillità. Per cui evitate maglie psichedeliche o pantaloni con trame ipnotiche, evitate abiti col Che o con simboli satanici; forse è meglio schierarsi a parole e argomentando piuttosto che lasciar partire prevenuta la commissione. Siate voi ma siatelo moderatamente.
Alla fine scelsi una camicia viola a righe (molto hipster invero) e jeans. Ma poi quello che conta davvero sarete voi, anche se nudi. Cioè nudi magari no o almeno non se la tartaruga l’avete mangiata a colazione e nella frenetica scalata alla maturità avete dimenticato la fantomatica prova costume. E mentre pensavo a me, ai miei compagni, alla macchina del tempo, al professore di filosofia e a Supermario Balotelli che tanto super non era, mi assopì come un gatto tra le braccia di Morfeo, non quello di Matrix, il Dio. Mancava solo un passo, non potevo più inciampare.

Continua… prestissimo



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